sabato 9 ottobre 2010

Strumentalizzazione dell'arte

Sarò molto schietto: da una parte esiste il mercato e dall’altro l’Arte.

Dove vi è sperimentazione, ricerca, voglia di trovare una cifra personale, una reale corrispondenza con la vita, così come una colonna sonora che faccia da contorno a dei sentimenti allora là troviamo forse l’Arte con la A maiuscola. Ho visto molte produzioni girando all’interno delle sale di varie gallerie e per i musei dell’Europa, per non parlare delle produzioni d’oltre oceano….

Parecchio materiale viene diffuso attraverso una estesa e banalizzante vetrina rappresentata da blog e siti dedicati proprio all’arte e al mercato; e molto c’è da discernere, poiché il caos entropico della voglia di apparire come di comunicare disperatamente deve comunque avere in nuce sempre presente alcune cose di basilare importanza.

Una tra queste potrebbe essere il carattere contenutistico che da sempre l’artista cerca di calare nel messaggio visivo, laddove specialmente ci si esprime con un logoro iper realismo.

Alla base dovrebbe esserci (per dirla con K. Popper) la capacità di imbattersi con un problema, vederne la bellezza e innamorarsene, sposarlo e convivere felicemente con esso…

Ma visitando la mostra itinerante di Gaetano Porcasi che è allestita in questi giorni a Monreale presso la chiesa degli Agonizzanti, non posso fare altro che stigmatizzare l’uso di una tematica molto particolare e delicata come quella della lotta alla mafia che ha assunto un retrogusto di becero interesse e simonia.

E’ forse questo il metodo per salire agli onori delle cronache? Per ottenere delle benevoli critiche da nomi altisonanti che non possono smentire ciò che per loro è ragione di vita e martirio?

Non riusciamo a scoprire una peculiare “avventura” nell’opera di Porcasi, non troviamo pathos o drammaticità, ma purtroppo è claudicante nella scelta della tavolozza, nel tratto troppo naif come nel contenuto assimilabile ad un collage banalizzante e omogeneizzato, che di certo mai nessuno vorrà stigmatizzare perché non esiste altro termine di paragone.

Non troviamo (sic) identificazione attraverso la soluzione della problematicità che l’intera opera del pittore di Partinico dovrebbe fornire, e se è vero che la critica “motiva la necessità dell’Arte” (A. B. Oliva) qui nel trionfo della speculazione voltiamo le spalle lasciando quei quadri nel dimenticatoio di ombre indistinte.

Ancora una volta questa ci appare come una occasione perduta, una sventura: poiché di fronte ad una tematica così importante , fondamentale, vitale, corporale, totalizzante, si sia scelta la strada più semplice e scontata quasi dimenticando lo stilema dei nostri epigoni della pittura sociale in Sicilia.

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